Trasformare la dicotomia problema-assenza problema in una risorsa

Un meccanismo mentale che di frequente impedisce alla persona di superare il problema, per cui chiede aiuto, è la difficoltà di tollerare la contraddizione che spesso è presente nella situazione che vive.

Frequentemente durante il percorso terapeutico, dopo il superamento della fase più acuta, intensa del problema, la persona si trova da una parte a stare meglio dall’altra riporta ancora la presenza del problema, anche se con una pervasività ed un’intensità minore.

Per esempio una persona che non soffre più terribilmente per la fine di una relazione, e che dopo un periodo di blocco totale sta riprendendo in mano la sua vita, lavoro e nuove relazioni, si ritrova in dei momenti a pensare al suo ex, e risente sensazioni di rabbia o dolore. Oppure esemplificativo è il caso della persona depressa che grazie alla terapia ed ai suoi sforzi sta un po’ meglio, ma che attende di stare completamente bene prima di riattivarsi nella vita.

Le persone che non reggono tale ambivalenza rischiano di combattere con gli aspetti del problema rimasti “attivi” e così facendo creano un circolo vizioso che incrementa il malessere esperito: “se non faccio le cose perché non sto bene come vorrei, starò sempre peggio”.

Tale atteggiamento mentale disfunzionale, a mio parere, è legato al pensiero razionale tipico della cultura occidentale, che si basa sulla dicotomia e il principio di non contraddizione: una cosa è bianca o nera, non può essere bianca e nera allo stesso tempo.

La nostra esperienza individuale contraddice chiaramente questo principio, infatti spesso proviamo contemporaneamente emozioni contrastanti: ti amo e ti odio.

Per questi motivi è fondamentale che la psicoterapia breve strategica, dopo il primo sblocco sintomatologico, aiuti la persona a tollerare l’ambivalenza: problema-assenza problema.

Nel mio modo di lavorare generalmente introduco questa fase del percorso dicendo al paziente che si trova in una importante fase di transizione e che per arrivare all’obbiettivo si devono tenere aperte due strade parallele: quella del problema, che affronterà con le nuove modalità apprese nel percorso (consolidando il cambiamento) e quella della vita, in cui dovrà coltivare tutte le esperienze che riesce a fare, grazie alla riduzione del problema stesso.

In questo modo si riesce ad invertire un circolo vizioso in un circolo virtuoso: il problema porta la persona ad evitare o  a rinunciare ad aspetti importanti della propria vita, e questo alimenta il problema, un primo sblocco del problema viene utilizzato per far riprendere in mano alla persona  aspetti della propria vita precedentemente trascurati a causa del problema, e questo riduce il problema stesso.