Psicoterapia Breve Strategica e Cambiamento

Spesso la terapia breve strategica viene vista come una terapia comportamentale che si concentra sull’eliminazione del “sintomo”. Inoltre la conseguenza di questo modo di vedere è che tale modello di terapia non produce un cambiamento “reale,” in quanto la persona può stare meglio nell’immediato ma il cambiamento non sarà duraturo: se non c’è un cambiamento più generale nella personalità del paziente fatalmente il “sintomo” ritornerà sotto altre vesti.

In realtà la terapia breve strategica non nasce, secondo i suoi primi fautori che fanno capo al gruppo di Palo Alto, come una terapia comportamentale, ma come una terapia sistemica.

In un’ottica sistemica non ha senso parlare di “sintomo”, termine ripreso dall’ambito medico, che denota l’effetto esteriore di una patologia sottostante: il sintomo, in un’ottica sistemica, è una modalità di interagire con la realtà esterna che produce sofferenza.

Secondo questa prospettiva le ossessioni, il panico, la depressione, la restrizione alimentare non sono sintomi di una malattia psicologica ma un modo di relazionarsi alla realtà che il paziente mette in atto per gestirla al meglio, e che produce paradossalmente una condizione di disagio psicologico.

L’intervento psicoterapeutico ha di conseguenza l’obbiettivo di cambiare una modalità relazionale disfunzionale, non qualcosa che è dentro il paziente ma appunto le sue relazioni, che possono riguardare il rapporto con qualcosa di interno, per esempio pensieri o sensazioni, o di esterno, per esempio gli altri significativi o il rapporto col contesto sociale più allargato.

Il “sintomo” allora non è l’obbiettivo della terapia, ma il mezzo, la porta, attraverso la quale produrre un cambiamento generalizzato e duraturo. 

Il terapeuta si concentra su di esso perché è vissuto con sofferenza dal paziente e ciò permette di impegnare quest’ultimo fin dalle prime sedute in un percorso di cambiamento, inoltre il “sintomo” rappresenta in maniera parossistica il “modo di stare al mondo” della persona e dopo aver ottenuto un cambiamento significativo su di esso, la terapia si allarga fino a realizzare dei cambiamenti più generali nel modo di affrontare la vita da parte del paziente, soprattutto rispetto a possibili difficoltà che può incontrare in futuro.

Un approccio sistemico alla terapia si fonda sul passare dal particolare al generale e dal generale al particolare: il miglioramento ottenuto sui problemi specifici lamentati si estende in altri ambiti di vita costruendo nel rapporto terapeutico nuovi significati esistenziali, da questi si può ritornare su come affrontare situazioni specifiche alla luce delle strategie terapeutiche apprese, e così via in un rapporto circolare fra generale e particolare.

Un modello focalizzato sul problema non esclude un lavoro più ampio sulla persona, il processo terapeutico in terapia breve strategica infatti dopo la prima fase di sblocco (riduzione o eliminazione del sintomo) prevede una fase di consolidamento, che consiste nel costruire significati più funzionali e nel promuovere lo sviluppo delle risorse personali del paziente e la sua autostima.

Infine concludo questo scritto con una riflessione, il superamento di un problema (anche senza l’aiuto di uno psicoterapeuta) non è mai qualcosa di circoscritto o effimero, forze è solo attraverso i problemi e il loro superamento che realizziamo i cambiamenti più importanti e duraturi.